Palea Jenea, Col nuovo percorso rivolto alle scuole un tuffo nella storia alla riscoperta dei valori identitari
Dalla collaborazione tra il Museo della Lingua greca “G. Rohlfs” di Bova, amministrazioni e istituzioni formative, prende il via in 9 scuole della Città Metropolitana di Reggio Calabria un nuovo percorso di educazione alla riscoperta delle proprie radici. Per restare o andare senza essere mai esuli. Margherita Festa, responsabile rapporti con le scuole del Museo Rohlfs, ne traccia il perimetro.
Di Margherita Festa
“Andromaca, io penso a voi”...è questo l’incipit de Il Cigno, una poesia in cui Baudelaire offre una intensa e personalissima meditazione sui vinti, sugli esuli, prendendo spunto dai vinti del mondo antico, incarnati dalla figura di Andromaca, moglie illustre di Ettore, costretta a un destino da schiava, che lontana dalla sua patria, gonfia con le sue lacrime le acque di un “falso Simoenta”. Baudelaire pensa ad Andromaca e agli esuli di ogni tempo mentre passeggia tra le strade della sua Parigi, la più grande metropoli europea a quel tempo, città per antonomasia simbolo del progresso, inondata da folle brulicanti, ma che il poeta, a causa del nuovo assetto urbanistico voluto dal prefetto Haussmann sotto Napoleone III, non riconosce più, provando un senso di alienazione, nostalgicamente proteso verso il ricordo di luoghi e immagini che esistono ormai solo nella sua memoria.
Rileggendo questo componimento mi è venuto da pensare a chi sono oggi gli esuli, i vinti, a cosa significhi essere esuli, vinti nella società odierna, in cui tutto evolve troppo rapidamente, in cui la modernità e il progresso, come una fiumana, direbbe Verga, travolgono tutto, in cui il cambiamento è talmente rapido da imporci uno sforzo continuo di adattamento. Penso soprattutto ai nostri territori, a cosa significhi da noi essere esuli, essere dei vinti. C’è sicuramente un esilio fisico, quello vissuto da chi da questa terra deve andare via per studio o per lavoro, e poi c’è un esilio ancora più drammatico, quello vissuto da chi ha smarrito la propria identità, da chi ha perso il legame con le proprie radici, da chi dietro una falsa idea di cosmopolitismo ha in realtà soffocato l’orgoglio delle proprie origini.
È proprio in ragione di questo lungo ma diverso prologo che il progetto Palèa Jenèa, che col Museo della Lingua greca “G. Rohlfs” di Bova stiamo rivolgendo a nove scuole della città metropolitana e che nasce da una collaborazione tra amministrazioni, istituti scolastici e università, si prefigge una finalità ambiziosa ma non utopica: permettere ai ragazzi che stiamo incontrando durante i vari appuntamenti, di acquisire uno sguardo più lucido e consapevole su ciò che hanno intorno, far conoscere loro lo straordinario patrimonio storico e archeologico da cui sono circondati, offrire uno strumento per decifrare e dare significato alle testimonianze e ai simboli che spesso vedono attorno quotidianamente senza riuscire a coglierne adeguatamente il senso. Si tratta di un percorso che li porterà, lo speriamo fortemente, alla scoperta e alla riscoperta di se stessi, delle proprie radici, della propria identità, da vivere come segno distintivo e fondamento sul quale costruire il proprio futuro.
Un passato in cui ritrovare la propria identità, da custodire come bene prezioso: è questo che tentiamo di far comprendere ai tantissimi ragazzi che ci accompagneranno da protagonisti attivi in questo progetto, augurandoci che, quando ognuno di loro si troverà davanti all’ancestrale dilemma “restare o andare”, con cui ogni giovane calabrese ha dovuto suo malgrado fare i conti, qualunque sarà la loro scelta, anche se non potranno restare “attaccati allo scoglio come l’ostrica”, tuttavia non andranno via mai da vinti, non saranno mai esuli, non saranno mai “nessuno”, ma rimarranno sempre e ovunque quei “fieri calabresi” che Gerhard Rohlfs, il grande linguista cui il Museo di Bova è intitolato, aveva conosciuto e tanto amato.
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